Escursioni in mountain bike a Valdidentro
Escursione a Valdidentro: in Val Dosdè
Questo itinerario porta il ciclo - escursionista in Val Dosdè attraverso la
Val Viola bormina. Immediatamente imboccata la strada dal tornante in località Arnoga (S.S. 301 del Foscagno), si possono scegliere due itinerari: quello basso che percorre la decauville in direzione del Passo di Verva, oppure quello di destra che percorre la strada "alta" della Val Viola bormina. Si può giungere in Val Dosdè .
Imboccata dal tornante di Arnoga la sterrata, e proseguendo sempre diritto per alcuni chilometri si raggiungono le baite Dosso (1900 mt.) e la località Permoglio di Sopra. Si arriva così ad un parcheggio, oltre il quale il traffico è vietato, e si raggiunge il ristoro di Altumeira. Al termine del bosco la strada continua, con fondo disagevole e molto sassoso, e risale un brullo costone. Siamo ormai quasi alla testata della valle e, dopo alcune centinaia di metri, si raggiunge un evidente bivio. Il panorama sul gruppo montuoso del Lago Spalmo, alla testata della Val Dosdè, è veramente unico. A destra si continua a salire verso il Lago Viola; continuando a sinistra, invece, si discende rapidamente verso la piana della Val Dosdè. Raggiuntala, la si supera con facilità sino quasi al suo fondo.
La strada, ora, inizia a risalire sulla destra ed entra nel Cantone di Dosdè, attraversa un ponticello e continua in destra idrografica sino ad un altro ponticello in legno. Raggiunti i ruderi del Baitin del Pastore (2368 mt.), ci aspettano alcune centinaia di metri di riposanti pedalate sul sentiero che solca la valle e che attraversa la vasta distesa di pascoli fino a raggiungere la testata della Val Cantone di Dosdè (2407). Volendo raggiungere la Capanna Dosdè è conveniente abbandonare la bicicletta e proseguire a piedi (30 minuti circa). Queste belle e solitarie montagne del Gruppo Viuola - Lago Spalmo erano meta molto ambita dagli alpinisti di fine ottocento. Soprattutto gli Inglesi ed i Tedeschi le frequentavano, facendosi accompagnare da Guide Alpine locali di Grosio o di Bormio e di Valfurva.
A conferma di questo fatto, nel lontano 1890 la Sezione di Milano del C.A.I. costruì al Passo di Dosdè una Capanna (sostenendo una spesa di Lire 2, "senza il mobiglio"). Ma altre persone con altri scopi, quelli della sopravvivenza, le frequentarono assiduamente nei primi decenni del 1900: i contrabbandieri della Valdisotto, che con il loro pesante carico di trenta o quaranta chili di caffè o tabacco, provenivano dalla Val Viola poschiavina e per evitare il Passo di Val Viola (ove vi erano i finanzieri nella loro caserma, ora adibita a rifugio) valicavano il passo del Corno Dosdè, situato a tremila metri di quota.
Lunghezza : 20
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Valdidentro: escursione al Passo di Val Viola
Questa escursione prende avvio ad Arnoga (
Valdidentro)che si trova a una ventina di chilometri da
Bormio lungo la S.S. 301 del Foscagno che conduce a
Livigno. L'escursione odierna porta il ciclo - escursionista alla scoperta della Val Viola bormina, chiamata così per distinguerla da quella "poschiavina" in territorio elvetico, attraverso la strada classica che percorre la vallata. Il toponimo Viola pare sia dovuto ad un malinteso dei cartografi
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Valdidentro: escursione Val Vezzola - Val Trela
Il luogo di partenzadella nostra escursione è un agglomerato di abitazioni che prende il nome di Sant'Antonio di Scianno, frazione della
Valdidentro situata sopra ad una parete dolomitica chiamata "Crap de Scegn", da cui scende una cascata formata dal torrente Scianno che precipita a valle in prossimità di un anfratto. La leggenda narra che proprio in questa zona ci fosse un luogo speciale dove si riunivano le
streghe del comprensorio; il punto è molto suggestivo e panoramico da cui si possono ammirare la Cima Piazzi e la
Val Viola.
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Escursione Valdidentro: Valle Alpisella - Valle di Trela
Se vi trovate in vacanza a
Bormio e dintorni l'escursione che si sviluppa dalla valle Alpisella alla valle di Trela, partendo a ridosso delle dighe di Cancano, vi offre incantevoli vedute ed un panorama mozzafiato; oltre che per una buona camminata questa escursione si adatta molto bene anche per la mountain bike. All'imbocco della Valle Alpisella incontriamo una delle rare "isole" di bosco che si sono tuttavia salvate dai continui smottamenti e reiterati disboscamenti degli anni passati; si incontrano conifere
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Valdidentro: escursione sulla Piana di Pedenolo
La Valle di Fraele in Valdidentro è una vallata di elevato interesse naturalistico ed ambientale, immersa totalmente nel
Parco Nazionale dello Stelvio. Essa ha una profonda storia, che si può già intuire visitando le due
Torri che caratterizzano il suo ingresso, poste a quasi 2000 metri di quota. Superato il muraglione della diga di Cancano e passati davanti alla Chiesetta di Sant'Erasmo ed al Ristoro Solena la strada raggiunge un parcheggio.
Si percorre la strada pianeggiante che entra in Val Forcola, brulla vallata foggiata a forma di canyon. Anticamente su questo tracciato, conosciuto come Via Maestra dell'Ombraglio, viaggiavano le merci ed i viandanti diretti verso la Valle di Monastero. Si percorre la sterrata per un paio di chilometri finchè si addentra nella valle e si raggiunge la località Le Fornelle. L'etimo evidenzia la presenza di forni fusori dove, nel medioevo, veniva fuso il ferro estratto nelle miniere di Pedenolo e di Pedenoletto.
Qui, prima di raggiungere un ponticello che oltrepassa il torrente principale, ad un bivio si prende la direzione di sinistra e si inizia a risalire la Val Forcola. Dopo poco inizia un breve tratto molto ripido e con fondo sassoso, che va percorso spingendo la bicicletta. Superatolo ci si inoltra nella valle e con perrcorso regolare e senza grosse difficoltà si raggiunge la Malga di Forcola (2313 mt.). La strada militare diviene ora più ripida e, superati un paio di tornanti, raggiunge una zona pascoliva molto brulla. Si punta ora in direzione della Bocchetta di Forcola, ove si trovano i resti della Caserma della Prima Guerra Mondiale ed evidenti trincee risalenti a quel periodo, che val la pena di visitare facendo una piccola variante al percorso.
Non troppo distante dalla Bocchetta di Forcola, in un avvallamento si stacca sulla destra un facile sentiero che punta verso la Bocchetta di Pedenolo (2703 mt.) che si raggiunge senza particolari difficoltà eccetto che l'ultimo tratto di ripida salita. Da qui si gode un ampuo panorama sulla costiera che dal Monte Schumbraida (3124 mt.) va alla Punta di Rims. Caratteristiche sono in quest'area le mulattiere militari che portavano al Monte Radisca (2970 mt.) e al Monte Braulio (2979 mt.). Tutta questa zona era durante la Guerra del 1915 -1918 sede di batterie dell'artiglieria italiana che sparavano sulle antistanti posizioni austriache del Monte Scorluzzo e sullo Stelvio.
Dalla Bocchetta di Pedenolo inizia una entusiasmante discesa lungo la tortuosa mulattiera militare; in certi punti, osservando il percorso dall'alto, la strada disegna sui pascoli del Piano di Pedenolo dei tornanti che paiono dei meandri di un grande fiume di pianura. Superata una traversata posta su sfasciumi e pietraie(si raccomanda di prestare attenzione), si raggiungono i verdi ed erbosi piani di Pedenolo, con vista suggestiva ed interessante sul Monte delle Scale e sul Monte Pettin. Il percorso si fa un pò più tranquillo e si raggiunge la malga di Pedenolo (2384 mt.), che sorge sopra ad un tipico esempio di altipiano carsico e dove sono visibili alcuni anfratti caratteristici. La discesa che abbiamo appena compiuto è magnifica e dà grandi soddisfazioni.
Continuando ancora per alcune centinaia di metri, la carrareccia si affaccia sul dirupo che aggetta in Val Forcola e che ad un primo momento pare insuperabile. La vista sulle desolate pareti calcaree del Piz Schumbraida (3124 mt.), aspre e selvagge, è particolare. La mulattiera diventa ora sentiero fortemente danneggiato e bisogna prestare la massima attenzione. Con arditi tornanti, rimanendo comunque sempre in sella, si perde quota nella Val Forcola ed attraverso un'ultima traversata si raggiunge il ponticello gettato sul torrente, che ci si è lasciati sulla destra nell'andata. Si ritorna sulla strada del fondovalle, che ci riporta al punto di partenza. Questa discesa è stupenda e l'itinerario è veramente consigliabile.
Lunghezza : 17200 mt Tempo totale : 3.30 - 4.30 ore Difficoltà : moderatamente impegnativo
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Valdidentro: escursione Val del Gallo
L'itinerario che qui si propone si svolge a cavallo tra il confine italiano (alpe del Gallo) e quello svizzero (Cantone Grigione, Jufplaun e Buffalora); tra il lago artificiale di San Giacomo in
Val Fraele e l'altro, anch'esso artificiale, del Gallo in territorio
livignasco. La partenza è localizzata nei pressi dell'ampio parcheggio che si incontra al valico di Fraele, nei pressi della suggestiva chiesettina omonima. Superato il passo di Fraele
si imbocca una carrareccia che, con fondo sterrato in discrete condizioni, attraverso ampie curve ricavate alla base di conoidi alluvionali, collocati ai piedi del Monte della Cassa del Ferro (3140 mt.), porta in prossimità dello sbocco della Val Bruna.
Oltrepassato il ponte ci si dirige sull'altro versante e, in disces, si guadagna l'ampia conca, con amene praterie verdi e profumate, del "Grasso di Prà Grata" (1903 mt.), dove è situata la malga omonima. Proseguendo ci si porta nei pressi di un altro ponticello gettato al di sopra di una suggestiva ed incassata forra (1866 mt.) dove scorre il torrente proveniente dalla Val Mora e dalla laterale Val Bruna chiamato Acqua del Gallo. A questo punto è consigliabile fermarsi per alcuni istanti per ammirare il magnifico panorama che si apre proprio di fronte. Si notano l'ampia distesa dei boschi di pino mugo appena attraversata e dominata da dirupate cime.
Superata l'aspra gola del sottostante torrente del Gallo si continua lungo la mulattiera militare, inizialmente in buono stato e successivamente ridotta a sentiero, che attraversa a mezza costa le pendici occidentali della Cima del Serraglio (2685 mt.). Pedalando a mezza costa al di sopra del pendio che degrada verso il fondovalle si superano, in successione, alcune vallette, nelle quali a volte il sentiero è in cattive condizioni, giungendo in vista del ramo orientale del lago di Livigno, che insinuandosi nella valle assomiglia molto ad un fiordo norvegese offrendo uno scorcio di rara bellezza. Dopo alcune centinaia di metri si raggiunge un dosso (1855 mt.). Si penetra, così, in un fittissimo e profumato bosco di pino mugo eretto che sembra abbandonato da parecchi anni.
Proseguendo lungo facile mulattiera, con una serie di omogenei tornanti in salita si guadagnano le verdi praterie dell'alpe del Gallo e successivamente si giunge in prossimità dei ruderi di baraccamenti militari e di quello che rimane dell'alpeggio omonimo (2075 mt.). Il panorama circostante risulta essere particolarmente interessante per gli aspetti geologici (rocce sedimentarie con evidenti stratificazioni) ed ambientali (versante selvaggio orientale del Monte della Cassa del Ferro, solcato da profonde gole). Si superano sulla mulattiera, in salita non difficile, ancora un centinaio di metri di dislivello, si piega a sinistra e a mezza costa si rientra nuovamente nel bosco, diventato ora molto più rado, puntando in direzione del colle sovrastante, confine di stato tra Italia e Svizzera. Raggiuntolo, a quasi 2300 metri di quota, si tocca il territorio elvetico.
Siamo ora all'interno del Parco Nazionale Svizzero (riserva naturale creata nel 1909 e confinante con quella italiana del Parco Nazionale dello Stelvio; assieme rappresentano una delle più estese aree naturali protette dell'Europa) e visto che le regole svizzere sono molto severe si consiglia se si volesse continuare e fare quello stupendo giro che, attraverso il pianoro di Jufplaun, porta in Val Mora e da qui rientra in Val del Gallo, di non uscire assolutamente dai sentieri, e nel caso di spingere la propria mountain bike o portarla in spalla. Altrimenti, il rientro avviene lungo l'itinerario di andata.
Lunghezza : 20500 mt Tempo totale : 3.30 - 4.30 ore Difficoltà : moderatamente impegnativo
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Escursioni in mountain bike a Bormio
Escursione a Bormio: la Pedemontana della Reit
La conca di
Bormio è inserita all'interno di un ambiente naturale protetto, quello del
Parco Nazionale dello Stelvio, che unitamente al confinante Parco Nazionale Svizzero rappresenta una delle più vaste aree protette a livello europeo. Visitare il Parco costituisce un'esperienza veramente indimenticabile; più di mille sono le specie floreali e molto ricca è la fauna: camosci, stambecchi, caprioli, cervi, scoiattoli, marmotte, volpi, ermellini, aquile e, ultimamente, anche il gipeto, meglio conosciuto come avvoltoio degli agnelli.
Il divieto assoluto di caccia, l'obbligo per i ciclo - escursionisti e per gli escursionisti di non abbandonare i sentieri segnati, la limitazione del traffico motorizzato hanno creato, all'interno del Parco Nazionale dello Stelvio, un ambiente ideale per il propagarsi delle molteplici specie animali protette.
Questa premessa per introdurre la descrizione di questo classico itinerario ciclo - escursionistico che offre uno sguardo panoramico sulla "Magnifica Terra" e sull'ingresso delle "honorate valli" che da essa si diramano: la Valdisotto di fronte, la Valfurva a sinistra e la Valdidentro a destra. Il percorso prende avvio da Bormio e segue la Strada Statale dello Stelvio sin quasi a raggiungere la galleria dei Bagni Vecchi di Bormio. Alcune centinaia di metri prima, sulla destra, vi è un piccolo parcheggio con indicazioni per Pravasivo dal quale prende avvio la strada forestale sterrata denominata la Pedemontana della Reit (1396 mt.). Come alternativa per raggiungere questo parcheggio, ci si può portare ai Bagni Nuovi di Bormio: poco sopra l'albergo si stacca sulla sinistra una stradicciola, chiusa da una sbarra in ferro, che conduce all'interno del parco dei Bagni di Bormio. Dopo aver percorso un breve tratto di sterrato, si stacca a destra del terzo tornante un breve e facile sentiero che sbuca sulla S.S. 38 dello Stelvio, appena sotto al parcheggio ora citato.
Il tracciato si addentra da subito tra i pini mughi e, lasciato sulla sinistra un rifugio del Parco, si innalza gradatamente fino ad arrivare in prossimità di un bosco di larici. La strada prosegue pianeggiante a tratti immersa nel bosco offrendo al ciclo -escursionista suggestivi scorci sulla Valdisotto, sulla Valdidentro e sul bormiese. La verde piana di San Gallo, ove sorge l'omonima e suggestiva chiesa risalente al secolo XI, è proprio sotto di noi. Questa piana era conosciuta anche con l'etimo di Prà de la Giustizia, perchè quì nel 1500 si bruciavano le streghe e gli eretici.
Il percorso prosegue con tratti pianeggianti che si alternano a tratti più ripidi e raggiunge un'area attrezzata a pic-nic posta su un'ampia radura da cui si ha una meravigliosa vista sulla conca di Bormio. Raggiunta la quota più elevata, posta a 1564 mt., dopo un altro tratto piano si inizia a scendere (prestare molta attenzione a questa discesa perchè molto scoscesa e sconnessa). Subito si giunge in prossimità di un bivio; si continua a scendere, svoltando a destra, sino a raggiungere un suggestivo agglomerato di baite denominato Premesan situato a quota 1426 mt. e posto al di sopra del ripido e stretto ingresso della Valfurva. Il sentiero passa proprio in mezzo alle case di questa località e oltrepassa un prato pianeggiante che porta all'inizio di una discesa, immersa in un fitto bosco di pino silvestre e pino cembro.
Scendendo lungo lo stretto ma divertente sentiero e facendo attenzione al fondo a tratti accidentato e pieno di pigne si raggiunge una zona posta a ridosso di un dosso; collocati sopra ad esso s'incontrano i ruderi del Castello e della chiesa di S.Pietro, conosciuti con il termine dialettale di Gesa Rota. Sulla Torre di questo castello era issata l'enorme campana detta Bajona che con i suoi rintocchi profondi chiamava a raccolta tutti gli abitanti di Bormio e delle valli in occasioni particolari, come adunanze e in caso di pericolo. Oltrepassati i ruderi di S.Pietro attraverso un breve e ripido tratto di sterrato in discesa si ritorna a Bormio.
Lunghezza : 7500 mt Tempo totale : 1 - 1.30 ore Difficoltà : poco impegnativo
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Dallo Stelvio alla Bocchetta di Forcola
A proposito delle origini vetuste di questo Passo si hanno notizie attraverso documenti del 1300 che riportano non precisati lavori di sistemazione riguardanti proprio questo percorso. Altre notizie si hanno riguardo al più recente tracciato ottocentesco della strada dello
Stelvio, di notevole importanza viaria. L'ing. Carlo Donegani fu il creatore di questa arditissima strada, considerata la rotabile più alta esistente nel Vecchio Continente
La strada fu costruita dal 1820 al 1825, un tempo brevissimo tenendo anche conto che durante l'inverno non si poteva lavorare. L'itinerario che descriviamo prende avvio dal Passo dello Stelvio. Si risale, spingendo la bicicletta, quel breve ma ripido tratto che porta in cima al Pizzo Garibaldi, detto anche Dreisprachenspitze (Cima delle Tre Lingue) perchè prima della Grande Guerra qui passava il confine fra tre stati: la Svizzera, l'Italia e l'Impero Austro-Ungarico.
Raggiunto il Ristoro che si trova sulla modesta cima, si pedala sull'altopiano che si trova a nord di esso finchè, in un avvallamento, la strada inizia a scendere. Persa quota con alcuni tornanti, si giunge su pascoli verdeggianti. Qui la mulattiera si fa più dolce e, con una rilassante discesa, si giunge nei pressi della IV Cantoniera dello stelvio. Il percorso si sviluppa tra quest'ultima ed il posto di frontiera Svizzero (ricordarsi di prendere i documenti d'identità). Raggiunta la strada asfaltata, si ritorna verso la dogana italiana per pochi metri e si imbocca a destra un tratto erboso in salita.
Il tracciato prosegue lungo la successiva mulattiera che scorre a fianco di un acquedotto (che porta acqua potabile al passo dello Stelvio, in passato captata dalle stesse sorgenti con tubazioni in legno), a mezza costa lungo i pendii meridionali del sovrastante Piz Umbrail (3033 mt.). Le pareti del monte sono caratterizzate da numerosi e suggestivi pinnacoli calcarei ed occorre ricordare che dalla sua vetta si gode un panorama veramente unico ed irripetibile, tanto che il Club Alpino Svizzero, nella metà del 1800, presa da qui, a colori, che metteva in evidenza circa 100 cime e abbracciava buona parte del grandioso e sterminato nucleo centrale delle Alpi Svizzere, Italiane e Tirolesi. dopo aver oltrepassato una serie di piccoli torrenti che hanno scavato profonde vallette incidenti profondamente il pendio, si guadagna la località Pozzine, attraversando due vallette (la Val Cunettone e la Val del Gesso) e portandosi al Baitel del Cogn (2587 mt.). Molto caratteristica la zona ove sorge questa costruzione: si incontrano verdi praterie ricche di specie floreali pregiate tipiche degli ambienti calcarei, come per esempio la "saxifraga caesia", la "genziana di Clusio" e la "dryas octopetala".
Proseguendo sul sentiero, lasciata a sinistra una vecchia mulattiera che scende verso la cappella di San Raineri alla Terza Cantoniera, si raggiunge un altro pianoro erboso dal quale, su un tratto assai ripido, si giunge alla Bocchetta di Forcola (2768 mt.), dove si possono ammirare i ruderi delle fortificazioni militari della Prima Guerra Mondiale. Da qui, in brevissimo tempo, si possono raggiungere i resti della Caserma di Forcola, posta immediatamente a nord. Dopo essere transitati dalla bocchetta ci si porta alla sua destra (guardando la Val del Braulio) e si imbocca il sentiero che attraversa orizzontalmente un pendio erboso per ricongiungersi poi, verso valle, al cosiddetto Piano della Mogenaccia (Mogena in dialetto locale significa Pietraia). Vallette e falsipiani conducono sui tornanti che si affacciano sulla piana ove si trova la Terza Cantoniera, collocata a quota 2342 metri e dove sorge la caratteristica chiesetta di San Raineri, eretta nel 1830.
Lunghezza : 8300 mt Tempo totale : 2.30 - 3 ore Difficoltà : poco impegnativo
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Escursione a Bormio: Alla Malga dello Scorluzzo
La zona del Bormiese nella quale si snoda questo itinerario è collocata in un comprensorio alpino molto interessante dal punto di vista naturalistico. Infatti qui sono raccolte le maggiori manifestazioni di carsismo superficiale, le più grandi ed imponenti testimonianze di glacialismo e, soprattutto, le peculiari acque minerali e quelle "miracolose"
termali. La ciclo - escursione che si descrive prende avvio in prossimità del piano della Terza Cantoniera dello Stelvio,
sulla S.S. 38; il tracciato segue, in prevalenza, una mulattiera militare immersa per lo più in pascoli e praterie, situate sulla sinistra idrografica della Valle del Braulio.
Lasciata alle spalle la Terza Cantoniera (2320 mt.) e scendendo per alcune centinaia di metri sulla statale 38 si giunge nei pressi di una carrareccia proveniente dal sottostante piano del Braulio, che si stacca sulla sinistra. Dopo aver oltrepassato il ponticello sul torrente Braulio ed aver percorso un breve tratto rettilineo, si inizia a salire a mezza costa attraverso un lungo pendio erboso.
Si risale fino a raggiungere una zona suggestiva che si apre di fronte alla chiesetta di S. Raineri, ubicata in prossimità della Terza Cantoniera. Superati ancora due tornanti si raggiunge, a destra, la mulattiera che porta alla Malga dello Scorluzzo, che è situata su di un caratteristico pianoro. Dalla Malga dello Scorluzzo si può continuare ancora per qualche centinaio di metri; siamo nella Piana dello Scorluzzo, sede di graziosi laghetti alpini.
Lunghezza : 6000 mt Tempo totale : 1 - 1.30 ore Difficoltà : poco impegnativo
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Escursioni in mountain bike in Valfurva
Valfurva: escursione in Val Zebrù
La Val Zebrù, che alcune guide alpinistiche dei primi del 1900 consideravano una "gemma ignorata", è diventata una vallata tra le più frequentate del
Parco Nazionale dello Stelvio ed è considerata la preziosissima perla naturalistica di tutta la
Valfurva. La varietà geomorfologica e l'imponenza delle sue cime, la ricchezza della fauna e della flora e i tipici insediamenti rurali in legno contribuiscono a convalidare questa cosa. Il tracciato classico
Si raggiunge il maggengo formato dal caratteristico nucleo di baite, dagli annessi fienili e da praterie verdissimedenominato Pradaccio (1600 mt.). Superatolo si arriva ad un bivio dove sono collocati alcuni cartelli indicatori del Parco Nazionale dello Stelvio: proseguendo diritto si scende a valle verso la frazione di S.Gottardo in Valfurva, mentre svoltando a sinistra (indicazione baite di Cavallaro) si inizia a percorrere una mulattiera pianeggiante diretta in Val Zebrù che presto incontra sulla sinistra la ripida carrareccia proveniente direttamente dalle Tre Croci.
Proseguendo in piano si superano alcune fresche sorgenti, e si arriva ad un ponticello (pont de cantonecc) che porta il ciclo - escursionista sul versante opposto della valle (1819 mt.). Superatolo, la mulattiera riprende a salire e dopo aver percorso un breve tratto di salita (la più impegnativa del percorso), due tornanti portano nuovamente su un tracciato più dolce immerso in una vegetazione composta in prevalenza da abeti e pino mugo. Il tracciato sterrato si snoda sulle pendici meridionali del Monte Cristallo ed è situato tra la Val da l'acqua e la Val Remondeccia, addentrandosi poi a tratti nel bosco e a tratti nei tipici maggenghi che, generalmente, vengono abitati durante il periodo estivo e che spesso prendono il nome della famiglia proprietaria.
Queste caratteristiche e suggestive baite d'alta montagna sono generalmente costruite in legno con basamento in muratura e alcune volte presentano come copertura le originali e leggere "scandole" di larice; tale peculiare e raffinata tecnica costruttiva, con incastri agli angoli tra i tronchi delle quattro pareti perimetrali, è nota con il termine di "block bau" (su alcuni architravi si trovano incisi gli anni di costruzione, che si collocano tra il 1500 ed il 1700). La mulattiera prosegue sul versante soleggiato della vallata, supera il maggengo di Chitomas (1881 mt.) e passa sotto ad una parete dolomitica impressionante alta circa mille metri (conosciuta anche come la Pala d'Oro, regno indiscusso degli stambecchi).
Il tragitto prosegue in salita tra pini mughi ed attraversa nuovamente il torrente Zebrù in prossimità del ponte di Pecè, dove sono collocate le omonime caratteristiche baite (1905 mt.). Dopo un breve tratto si porta sul versante opposto, alle baite di Pramighen (1925 mt.) sovrastate da un fitto bosco di cembri e larici. Supera ancora due ponti prima di raggiungere l'ampia e verde conca delle baite di Campo, collocate a quota 1946 metri. Da quì continuando verso la testata della valle, dopo aver attraversato per l'ennesima volta il torrente Zebrù ed aver superato un ripido tornante, si raggiunge la Baita del Pastore (2168 mt.), malga comunale allo sbocco della Valle del Rin Marè utilizzata durante il periodo estivo per la transumanza.
I bikers più preparati possono continuare lungo i tornanti successivi sino ad un panoramico luogo di sosta e raggiungere, su strada impervia la teleferica usata per portare i materiali al Rifugio V Alpini. Da quì al rifugio (2878 mt.) il sentiero diviene più stretto e sempre più difficile.
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Dal Gavia al Pian delle Marmotte
Questo itinerario ciclo - escursionistico segue quasi per intero il vecchio percorso (la famosa "Via Imperiale d'Alemagna") che dal Passo del Gavia portava in
Valfurva. Attraverso questo tracciato vi transitava infatti il traffico fiorente che dalla "Serenissima" Venezia per la Valcamonica, il Passo del Gavia,
Bormio, le Scale di
Fraele ed infine la Val Mora, raggiungeva Santa Maria in Val Monastero
Lasciato alle spalle il Rifugio Berni posto a quota 2538 mt. (raggiungibile attraverso la S.S. 300 del Gavia che mette in comunicazione, durante il periodo estivo, la provincia di Sondrio con quella di Brescia e sito un paio di chilometri prima del Passo) e scesi ad attraversare il torrente su un piccolo ponte di legno si imbocca, subito a sinistra, un bel sentiero.
Superati alcuni modesti dossi e lasciatosi alto sulla sinistra l'ormai abbandonato Rifugio Gavia, si prosegue diritto attraverso una serie di avvallamenti per raggiungere il caratteristico Pont da Preda (Ponte di Pietra), arco naturale di roccia che oltrepassa l'impetuoso Rin da Dosegù, torrente che convoglia le acque discendenti dal ghiacciaio formato dalla costiera Tresero - San Matteo. Una volta superato il torrente Dosegù si segue la vecchia mulattiera verso settentrione, attraverso una serie di larghe cenge che dominano la caratteristica forra del torrente Gavia, con un panorama sempre più suggestivo ed interessante.
si giunge ora ad un costone che domina la parte inferiore della vallata; il sentiero, a questo punto, prende nuovamente quota sopra a larghi cengioni ed oltrepassando alcuni torrentelli raggiunge il rio che scende dal ramo meridionale del ghiacciaio del Monte Tresero (3594 mt.). Superatolo al di sotto di un'alta e chiassosa cascatella, a volte non senza qualche difficoltà, si arriva in prossimità del Baitin da li Corona, a quota 2445 mt. ...Li Corona sono localmente detti i numerosi cengioni che caratterizzano questa panoramica zona. Poco più avanti, all'imbocco di una valletta, si stacca sulla destra il sentiero che porta alla ormai distrutta Capanna Bernasconi (3074 mt), di proprietà della sezione C.A.I. di Milano costruita negli anni 1920 sui ruderi di una "baracca" risalente alla Prima Guerra Mondiale.
Proseguendo diritto si raggiunge il rio del Dosso, emissario della vedretta del Tresero. Prima di "guadarlo" si lascia sulla propria sinistra la vecchia mulattiera (ora assai inerbata e proveniente, attraverso stretti e e corti tornanti, dal ponte delle Vacche) e si continua a mezza costa con alcuni saliscendi; successivamente si incontrano una serie di torrentelli. Superatili agevolmente, ci si porta in prossimità dei pascoli dell'Alpe Tresero (2266 mt.). A questo punto, dopo aver attraversato e superato il caratteristico Pian delle Marmotte, chiamato così perchè popolato da questi simpatici e schivi roditori, si guadagna il dosso Tresero, situato poco sopra a quota 2354 mt., da dove si possono ammirare le bellezze naturalistiche della conca di Santa Caterina Valfurva (qui si trova un osservatorio del Parco Nazionale dello Stelvio).
Il ritorno si effettua generalmente lungo lo stesso itinerario dell'andata; altrimenti è possibile, dal Pian delle Marmotte, discendere alla sottostante malga e da qui al torrente Gavia per raggiungere, dopo un ripido tratto, i tornanti ancora nel bosco della Strada Statale del Gavia, sulla quale tornare al Passo (in questo modo, però, si perde molta quota ed il ritorno avviene su strada asfaltata in decisa salita).
Lunghezza : 10600 mt Tempo totale : 2 - 2.30 ore Difficoltà : moderatamente impegnativo
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Valfurva: il giro della Val Cedè
Il punto di partenza di questo percorso è l'ampio parcheggio situato in prossimità del Rifugio Forni (2176 mt.), costruito alla fine dell'ottocento, magnificamente restaurato e collocato sopra ad un caratteristico sperone roccioso da cui si possono ammirare gli ammassi morenici lasciati dal ghiacciaio dei Forni (agli inizi del novecento il ghiacciaio lambiva con la sua enorme "lingua" lo stesso Rifugio - Albergo Forni).
Al di sopra del parcheggio si imbocca la pianeggiante strada sterrata che porta al Rifugio Branca. La si percorre per circa un chilometro sino ad un caratteristico ponticello di legno che supera il torrente Cedè, allo sbocco della forra che collega la valle omonima con quella dei Forni.
Risaliti per un tratto lungo la gippabile s'incontra la deviazione sulla sinistra che porta alla Malga dei Forni, detta anche la Caseira da fornasc, collocata a quota 2318 metri. Questo alpeggio è posizionato in una zona veramente incantevole sia per il panorama che si apre attorno, sia per l'habitat naturale circostante: la malga dei Forni è infatti situata al centro della Valle dei Forni, alla confluenza tra la Val Cedè ed il ghiacciaio dei Forni. Il sentiero prosegue in direzione della testata della Val Cedè e, dopo tratti in discesa, raggiunge un ponticello detto Ponte della Girella, situato a quota 2346 metri. Superatolo, dopo aver percorso un tratto in salita, si guadagna la gippabile che porta verso il rifugio Pizzini - Frattola attraverso la suggestiva e brulla Valle Cedè caratterizzato da pascoli, pietraie e i fischi delle marmotte.
Circa a metà della valle si incontrano due zone caratteristiche: la prima è rappresentata dal Baitel da Val Cedè e la seconda dalla sorgente dell'akua bona. Continuando, il percorso si fà ancora più sconnesso e, salendo lentamente in direzione della testata della valle, si arriva in prossimità di un tratto assai rapido. Superatolo, si attraversa un torrente e si guadagna il ripiano su cui sorge il rifugio Pizzini (2700 mt.), costruito ai piedi della maestosa cima del Gran Zebrù (3851 mt.), di fronte ai ghiacciai del Cevedale e del Pasquale con un'ampia vista sul Tresero e sul S.Matteo. Dopo una ristrutturazione è stato aggiunto il nome di Frattola. Il primo rifugio fu costruito, proprio in questa zona, nel lontano 1887 dal C.A.I. sezione di Milano e fu chiamato capanna Cedeh. Fu poi incendiato durante il primo conflitto mondiale del 1915 - 1918 dalle truppe austriache scese dal passo del Cevedale e ricostruito con questo nome negli anni intorno al 1920 dalla famosa Guida Alpina Giuseppe Tuana, che durante la Grande Guerra compì, da volontario, numerose azioni alpinistico - militari che gli valsero il titolo di Aiutante di Battaglia.
I ciclo - escursionisti più preparati e più ardimentosi possono, a questo punto, raggiungere i Passi di Zebrù (3000 mt.) e, volendo, discendere verso la Baita del Pastore in Val Zebrù. Per il ritorno, dal Rifugio Pizzini si ricalcano le proprie pedalate lungo la Val Cedè; si ignora il bivio che porta al Ponte della Girella e si continua lungo la gippabile, ora con fondo più dolce. Di fronte, imponente, si erge la mole della Punta del San Matteo (3678 mt.), una delle famose "tredici cime" dislocate ad anfiteatro intorno al bacino dello stesso ghiacciaio dei Forni lungo una caratteristica cresta che dal Tresero (3594 mt.) al Cevedale (3757 mt.) non scende mai al di sotto della quota 3400 metri.
Il rientro verso il Rifugio Forni avviene seguendo alcuni tornanti che su discesa molto ripida (prestare molta attenzione), portano il ciclo - escursionista al parcheggio dinnanzi al Rifugio Forni, punto di partenza dell'escursione in Valfurva. La fatica è così completata, ma è sicuramente remunerata dal paesaggio d'alta montagna che da quì si gode e dall'aria frizzante che si respira e che discende dal vasto ghiacciaio dei Forni
Lunghezza : 10000 mt Tempo totale : 3 - 4 ore Difficoltà : moderatamente impegnativo
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Il panoramico giro ad anello di Solaz
Itinerario assai interessante da un punto di vista paesaggistico, etnografico e naturale inserito nel territorio del Comune di Valfurva. Superata la frazione di Uzza (1307 mt.), dopo un centinaio di metri sulla sinistra all'altezza di un'edicola religiosa si stacca una ripida carrareccia che porta a Teregua. Da questa frazione si diparte in salita una sterrata, dapprima piuttosto sassosa, che supera i prati e raggiunge il bosco, ove inizia a salire gradatamente.
Si tratta dell'ennesima strada militare del 1915 - 1918, e perciò è una garanzia di salita con pendenze estremamente omogenee e dolci (doveva essere percorsa da muli e salmerie). In breve raggiunge una zona vallonata, immersa in uno splendido bosco di larici secolari, che porta alla frazione di Canareglia (1540 mt.). Al di là di questa suggestiva borgata di alta montagna, dopo alcuni metri di asfalto, percorrendo sempre la ben tenuta strada militare dell'Ables si entra nella Val de la Forneira dove è ubicato un piccolo parcheggio con cartelli di legno indicatori del Parco Nazionale dello Stelvio.
Proseguendo ci si porta in località Ortagio, tipico punto di osservazione paesaggistico sulla bassa Valfurva e la conca di Bormio. Ora la strada si innalza attraverso un suggestivo lariceto, conosciuto come bosco da li dernecia, supera una serie di tornanti ricavati sulle pendici meridionali della Reit, raggiunge un'area attrezzata a pic -nic al di sotto del crap castel. Superato questo evidente avvallamento, dopo un ampio tornante ricavato con un alto muro a secco esempio di incredibile ingegneria militare, la strada diventa più pietrosa, raggiunge un tornante molto panoramico su Bormio ed arriva ad un bivio tra i mughi, ove bisogna abbandonarla (siamo attorno ai 2000 metri di quota) per scendere a destra e raggiungere le baite di Solaz. Lo storico Ignazio Bardea riporta che da questa zona, alla fine del 1500, si staccò e scese una devastante valanga che, giungendo sulle abitazioni di Madonna dei Monti, portò distruzione e morte (furono infatti uccise diciassette persone).
Proseguendo ed oltrepassato un brevissimo punto molto ripido, un avvallamento ove è costruita una piccola baita in muratura ci conduce al dolce pascolo di Solaz d'inzù. La mulattiera diviene sempre meno impegnativa, tra profumatissimi pini mughi, fino a raggiungere un punto altamente spettacolare, da un punto di vista panoramico, sulla suggestiva Val Zebrù: di fronte e alle spalle la Cresta di Reit, proprio nei pressi del bivacco di Solaz (2043 mt., sempre chiuso) utilizzato come osservatorio del Parco Nazionale dello Stelvio. I più fortunati, con un po di pazienza e soprattutto molto silenzio, se la giornata è favorevole potranno avvistare qualche ungulato.
Il sentiero diventa ora orrizontale, e così continuerà ad essere per un paio di chilometri. Supera il grande vallone dell'Ardof e raggiunge un pascolo. Si immette nel bosco e percorre un altro paio di incisi avallamenti; sempre nel fitto bosco si incontra un bivio, poco evidente. Il sentiero continua invitante in orrizontale ma presto raggiunge un vallone franato ed impercorribile. Al bivio bisogna invece scendere a destra e su percorso nel bosco, a tratti molto ripido, si raggiunge in breve il fondovalle dopo aver superato il vallone che sopra non si era potuto superare. Lungo la strada della Val Zebrù si raggiunge con un paio di tornanti il ponticello che supera il torrente e si supera un tratto in piano. Ad un altro bivio (anch'esso piccolo punto chiave) bisogna ignorare la strada che scende ora ripida a destra e continuare in orrizontale sino a raggiungere i verdi prati di Pradaccio. Con bella discesa si raggiunge la località di San Gottardo e si prende la strada asfaltata della Valfurva che ci porta a San Nicolò. Da quì in breve seguendo le indicazioni per la Val Zebrù, e continuando dritti al primo tornante che si incontra, si ritorna alla frazione di Teregua.
Lunghezza : 17800 mt Tempo totale : 4 - 5 ore Difficoltà : moderatamente impegnativo
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Escursioni in mountain bike a Livigno
Escursione Livigno: La Val Fedaria
Fedaria, toponimo che deriva dall'etimo "feda", ovvero pecora, a ricordarci che questa zona era privilegiata per il pascolo di grandi greggi di pecore. Si raggiunge questa vallata, molto affascinante da un punto di vista paesaggistico, dopo avere attraversato
Livigno (1816 mt.) seguendo le indicazioni per il lago e il tunnel del Gallo sino al Ponte detto della
Calcheira, posto alla quota di 1877 metri. Qui inizia una comoda carrareccia che nel giro di alcune centinaia di metri porta il ciclo - escursionista in prossimità della caratteristica chiesetta della Valle di Fedaria.
Terminato il tratto di salita più impegnativo, dopo aver superato la chiesetta s'inizia a percorrere un falsopiano disposto parallelamente alla vallata su cui è adagiato Livigno. Si susseguono, via via che si pedala, numerosi insediamenti rurali che punteggiano i verdi prati e, sempre in leggera salita, ci si avvicina alle acque del torrente Fedaria arricchite dall'apporto chiassoso di vari torrentelli affluenti. Oltrepassato il rio di Toscè, attraverso un comodo ponticello, ci si imbatte nel Plan de l'Isoleta, un pianoro molto suggestivo ricco di baite in legno, collocate ai piedi del versante meridionale del Pizzo Cassana, di 3070 metri. Da qui si diparte la mulattiera militare che porta verso il rifugio e il passo di Cassana.
La tipica abitazione livignasca risulta essere di "tipo unitario" e proprio in Val Fedaria se ne incontrano di caratteristiche; esse, infatti, si presentano con due corpi, ovvero il "rustico" e l'abitazione civile, giustapposti in linea. Il materiale impiegato per la costruzione in questo caso distingue le due funzioni: in legno, con le consuete travi sovrapposte, la parte rurale, in muratura l'abitazione; la dimora più tradizionale, invece, era interamente in legno. Terminata la spianata si sale tra i pascoli attraverso una gippabile dal fondo sterrato sempre più sconnesso e sassoso. Oltrepassato, a questo punto, il Baitel de la Cheseira (2149 mt.) sul ponte del rio Leverone si guadagna una strettoia naturale (Valle del Forno) collocata oltre la Valle del Leverone; si raggiungono, così, le baite dell'alpeggio di Mortarecc (2218 mt.), dove ha termine la bella mulattiera.
Osservando attentamente il paesaggio circostante si notano, sui ripidi e scoscesi versanti erbosi, fenomeni crionivali (erosioni tipiche del ghiaccio e della neve) tra cui numerose e singolari "piccole terrazze" che possono indurre il ciclo - escursionista ad avere l'impressione di essere di fronte a sentieri a mezza costa, in realtà inesistenti. I più preparati possono continuare, ed il percorso si fa via via più selvaggio e impegnativo. Il sentiero scende nei pressi di un ponticello, situato a quota 2200 metri, e guadagna, sul versante opposto (destra idrografica) un tracciato abbastanza pianeggiante che corre lungo il fondovalle e che porta nei pressi di una stalla.
Si prosegue, ora, sul sentiero di fondovalle, al di sotto della bianca e caratteristica parete della Corna dei Gessi (2684) fino ad incontrare, a quota 2400 mt., una particolare strettoia di ripidi, scoscesi e sassosi sfasciumi e rocce, dove il sentiero in alcuni punti è praticamente inesistente perchè franato e il cui attraversamento presenta qualche difficoltà (prestare molta attenzione... mountain bike per alcuni metri a spalla). Si consiglia, prima di raggiungere questa zona impervia a quota 2360 metri, di attraversare il torrente Fedaria e portarsi al di sopra di un pendio erboso abbastanza ripido dal quale, proseguendo a mezza costa, si supera la citata strettoia e ci si porta alla conca superiore.
Continuando si giunge al Passo di Fedaria (2901), dove è posto il cippo di confine n. 5; questa variante richiede una particolare preparazione da parte del ciclo - escursionista soprattutto quando si attraversano i ripidi canaloni e per quanto riguarda la salita al passo di Fedaria. In alcuni punti, è facile perdere il tracciato...
Lunghezza : 16000 mt Tempo totale : 1.30 - 2 ore Difficoltà : poco impegnativo
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Livigno: escursione al Passo di Cassana
Per raggiungere questa suggestiva e caratteristica "sella", dopo tutto l'abitato di
Livigno in direzione del Lago si guadagna l'inizio della Val Fedaria. Il "Piccolo Tibet", termine molto usato per definire
Livigno, è osservabile dall'alto delle sue magnifiche vallate con l'andamento lon gitudinale ed allineato delle molteplici abitazioni, tra loro intimamente aggregate e vicine agli edifici sacri come Santa Maria, Sant'Antonio, San Rocco e Santa Maria di Florino.Anticamente, oltre alle costruzioni tipiche (baite di legno e di sasso), era rappresentato da ampie praterie, tuttora visibili.
Questa particolarità la ritroveremo in quasi tutti gli itinerari livignaschi che sono proposti in questo sito, proprio in considerazione del fatto che i pendii di alta montagna erano coltivati e falciati per la raccolta del fieno.
Venendo al nostro itinerario, seguendo le indicazioni per la Val Fedaria, dopo avere percorso un tratto bitumato ed avere trascurato sulla sinistra la strada sterrata che porta verso le "tee" delle Tagliede, si giunge nei pressi di un caratteristico ponticello ad arco in pietra, in località Calcheira (1877 mt.). Superatolo si inizia a salire, attraverso il versante idrografico sinistro; in prossimità di un bivio (sulla destra indicazione per la Val Saliente) si prosegue diritto attraverso una carrareccia, a mezza costa, che guadagna un'ampia conca. Questa splendida piana è situata ai piedi del Pizzo Cassana (3070 mt.) ed è localizzata alla quota di circa 2000 metri.
Oltrepassatala si superano in sucessione due torrentelli e raggiunto un terzo, il rio Cassana, in località Plan da l'Isoleta, si svolta a destra imboccando la carrareccia che, in salita, porta il ciclo - escursionista verso l'ex caserma della Prima Guerra Mondiale situata in prossimità del Passo di Cassana, attualmente trasformata in Rifugio. La sterrata inizia subito a salire, in modo marcato, collegandosi con il tracciato della vecchia mulattiera militare. Durante la salita s'incontrano in succcessione radi larici, quindi uno stupendo pascolo dalle fioriture policromatiche. Si notano in lontananza, verso Est, l'imponente gruppo dell'Ortles - Cevedale con vette che sfiorano i quattromila metri e verso Sud - Est il maestoso e ghiacciato gruppo del Bernina con punte che toccano i 4050 metri.
Dopo aver ammirato questo stupendo panorama, piegando a sinistra si riprende a salire attraverso un ripido e scosceso costone erboso, pedalando su una serie di impegnativi tornanti. Dopo una svolta, in prossimità della quota 2263 mt, la mulattiera piega verso Sud - Ovest portandosi, per un breve tratto, verso la Valle del Leverone. Successivamente, attraverso un altro tratto a mezza costa, la stessa carrareccia si riporta in direzione del Passo di Cassana guadagnando un ultimo ripido ed impegnativo costone che sovrasta l'accesso alla parte terminale della vallata. Superatolo si raggiunge finalmente la piana ove sorge l'ex caserma militare, attualmente restaurata a rifugio (2601 mt.) ed ottimo punto d'appoggio per stupende traversate con la bicicletta. Al termine di una meritata sosta e di un doveroso rifocillamento , si piega in direzione Nord - Est (a destra) risalendo una costa sbucando, all'improvviso, sul pianoro ove è sito il Passo di Cassana: un ampio e comodo valico erboso che mette in comunicazione la vallata di Livigno con l'Engadina.
Si percorre il sentiero verso una croce isolata (tutti i Passi del livignasco hanno una croce rivolta verso Livigno) posta proprio a pochi metri dalla sella di Cassana, collocata a quota 2694 mt. e conosciuta anche con il termine svizzero di Pass Chaschauna. Il panorama si apre, improvvisamente sulla lunga e selvaggia Val Cassana, nel territorio grigionese della Confederazione Elvetica. Molto suggestiva la piramide rocciosa della Punta Cassana che bianca svetta in mezzo a sfasciumi grigiastri.
Lunghezza : 12000 mt Tempo totale : 4 - 5 ore Difficoltà : impegnativo
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Escursione a Livigno: Il giro panoramico delle "Tée"
Questo è un lungo sentiero che porta dal ponte della
Calcheira all'inizio della
Val Fedaria alla località
Palipert di Livigno, immerso in verdi praterie pascolive e fitti boschi di conifere, attraverso una serie ininterrotta e molto suggestiva di "Tée" (baite, in dialetto livignasco) in legno e sasso:
Plazéc, Tagliede, Plan, Rin, Poz, Pel, Borch e
Florin. Attraversato in direzione nord l'abitato di Livigno (1816 mt.) ci si porta in prossimità di un semaforo collocato ad un quadrivio (a destra valico e lago del Gallo - confine italo svizzero - Munt la Schera;
a sinistra centro Livigno). Proseguendo diritto si seguono le indicazioni per la Val Fedaria, dolce e lunga vallata ricca di limpide acque e di verdi pascoli che ha segnato profondamente, nei secoli, l'intera economia agricola del livignasco e dove attualmente sono presenti numerosi alpeggi disseminati di piccole "tée".
Prima di raggiungere il ponte della Calcheira, che permette di superare il torrente che scende lungo la Val Fedaria, in prossimità di un bivio si svolta a sinistra guadagnando, attraverso una carrettabile, un costone erboso che separa la Valle di Livigno dalla Val Fedaria. Dopo aver superato un paio di tornanti (tée Plazec) si sbuca a quota 1940 metri al di sopra di una serie di pianori erbosi che precedono le "tée" delle Tagliede (poco più avanti si incrocia una seggiovia che risale lungo il costone della Vetta Blesaccia (2796 mt.). Le baite delle Tagliede, a quota 2005 metri, sono situate sopra ad un panoramico balcone naturale che domina la parte centrale di Livigno. In prossimità di un ristoro si imbocca, verso sud, un sentierino a mezza costa che porta ad un altro piccolo gruppo di baite.
Aggirato un singolare costone erboso si raggiungono le costruzioni rurali delle tée del Plan (2000 mt.), assai suggestive e ben conservate. Prestando sempre attenzione sulle parti in discesa dei continui saliscendi ed in particolare al fondo sterrato, spesso sconnesso e sassoso, si trascura un sentierino anch'esso a mezza costa che perde quota (scende verso sinistra) e ci si innalza in modo graduale ad un isolato baitello (2023 mt.) da cui si discende per oltrepassare l'incassata valletta del rin da Rin. Poco più avanti, troviamo la téa omonima, situata a quota 2014 metri; a questo punto, portandosi dalla parte opposta della valletta, si guadagnano casolari rustici più a monte dai quali riparte, nuovamente, il sentierino pianeggiante a mnezza costa che permette di raggiungere le tée di quota 2008 mt. (tea di Poz). Qui ci si immette in una buona carrareccia dalla quale si possono ammirare, sul fondovalle, le caratteristiche costruzioni allineate di Livigno e le baite isolate nei prati sottostanti.
Valicato un torrentello si raggiungono le tée dal Pel, a quota 2007 mt. Trascurata la gippabile che scende, con un paio di tornanti, verso Livigno in località San Rocco, si continua a mezza costa attraverso un sentiero che attraversa una fascia di bosco andando a superare il Rin dal Gemel; in questo tratto il percorso, che si era finora mantenuto tra baite e praterie, diventa più movimentato, vallonato e solitario. Dopo aver attraversato un altro torrentello, il Rin dei Borch (quota 2000 mt. circa) dove è situata l'omonima téa, e dopo essere passati al di sotto della telecabina che porta da Livigno alla Vetta blesaccia, si risale attraverso un costone boscoso. Superatolo, ci si immette in altre due piccole vallette raggiungendo, così, le tée di Florin situate a quota 1923, oramai in prossimità della periferia Sud di Livigno.
Dopo un tratto pianeggiante, superata una zona di profumate conifere e valicato il Rin della Roina, si scende ad un casolare isolato (1900 mt.) e poco dopo alle baite di Palipert (1886 mt.), che si raggiungono attraverso aperti pascoli. Da qui si guadagna agevolmente la strada statale della Forcola di Livigno.
Lunghezza : 6600 mt Tempo totale : 1.30 - 2 ore Difficoltà : facile
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Livigno: escursione alla Valle delle Mine
Superato l'abitato di
Livigno, seguendo le indicazioni per il Passo della Forcola, ci si immette sulla strada statale che percorre il "Piccolo Tibet" nella sua parte meridionale. Raggiunta la località Tresenda, un gruppo di baite situate a quota 1892 metri, prima della suggestiva chiesetta si imbocca, sulla sinistra (destra idrografica della vallata), il sentiero delle Mine che porta il ciclo - escursionista nella vallata omonima. La carrareccia risale, nella sua prima parte, alcune praterie circostanti e valica a quota 1919 metri, sul
Pont da l'Al, il torrente Tresenda, tributario di destra dell'Acqua Granda, il fiume che solca per intero tutta la vallata di Livigno.
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