Bormio: Storia del Bormiese

Il Bormiese costituisce una regione unitaria le cui caratteristiche fisiche hanno contribuito a determinare un’unica storia, una comune impronta etnografica e condizioni di vita simili. La stessa denominazione di “Magnifica Terra” o “Magna Terra di Bormio et Honorate Valli”, assegnata in passato a tutta la zona, al di là degli aspetti naturali, definisce un territorio circoscritto nella sua autonomia, orgoglioso, sin dai tempi più lontani, della sua vita sociale. Il Bormiese ha assunto nel quadro della storia europea un ruolo certamente superiore a quanto ci si potrebbe attendere dalla ristrettezza del territorio, e ciò per il fatto di trovarsi in un settore chiave per le comunicazioni attraverso le Alpi. Già nel secolo XII documenti parlano della “Via Imperiale d’Alemagna” e della “Via Maestra dell’Ombraglio” quali importantissimi transiti commerciali tra Bormio e il nord Europa.

Monte Reit

Una dimensione storica di vero rilievo fu assunta da Bormio col progressivo estendersi delle contese feudali tra il IX e il XIII secolo, quando i vescovi di Coira e di Como estesero la loro influenza per il possesso della zona, e successivamente quando nel 1376 tutta la Valtellina cadde in mano ai Visconti. Strumentalizzando il più possibile a proprio vantaggio il susseguirsi dei conflitti tra Coira e Como, Bormio strappò poco a poco privilegi e diritti che permisero il fiorire straordinario del commercio di transito e potenziò nel contempo le proprie autonomie comunali definite da una serie di statuti che il popolo deliberò nel 1335 e che furono mantenuti in vigore fino all’annessione alla Cisalpina. Efficacemente denominate la “Magna Carta delle libertà bormiesi”, tali leggi illustrano più dei fatti in se stessi le particolari caratteristiche della storia locale. Rilevano infatti indipendenza e autogoverno nella gelosa conservazione del particolarismo, istituzioni salde e democratiche basate sull’unità della popolazione, difesa strenua degli interessi economici nell’alternarsi continuo tra le parti in lotta per l’ambito controllo dei passi alpini.

Veduta di Bormio

Ne esce il quadro di un’organizzazione sociale chiusa ed equilibrata, tutta coinvolta nella conquista di un benessere basato su monopoli commerciali e privilegi legati al transito, in un volontario isolamento dal contesto socio-economico dal resto della valle, cui pose fine la crisi del ducato di Milano sotto il governo di Ludovico il Moro. Premevano sui confini, intanto, da una parte le Leghe Grigie, interessate soprattutto al controllo di quella che era chiamata la Via Imperiale d’Alemagna, i Veneziani dall’altra sulla linea del Passo del Gavia. Lo scatenarsi delle epidemie di peste, il dannoso decennio di dominio francese e l’insediarsi definitivo in Valtellina dei Grigioni nel 1512 segnarono la fine di una situazione di esclusivismo e di privilegio per la Magnifica Terra, che mantenne, tuttavia, autonomie e particolari diritti, pur in un quadro di progressiva decadenza per i quasi 300 anni di dominio retico. L’adesione valtellinese alla Cisalpina e al Regno d’Italia e il successivo passaggio del territorio all’amministrazione austriaca coinvolsero definitivamente il Bormiese nel flusso della storia nazionale.

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