Bormio: La Valle del Braulio

Questa selvaggia e dirupata valle ha assunto nel tempo, ed ha tuttora, un'importanza notevole nel contesto sia storico che economico dell' alta Valtellina. Già una delle più antiche guide geografiche delle Alpi, la “Rhaetia” di G. Guler Von Weineck risalente al 1616, è citato il gruppo di montagne che la sovrastano. Secondo detto progenitore dei moderni geografi: “Questo gruppo di monti, a cagione delle ombre che proietta, fu denominato dagli antichi Umbrail; ma gli italiani più tardi, per ignoranza lo chiamarono abusivamente Monte Braulio, così come i Latini l’avevano trasformato in Mons Brailius”. Sull’origine del nome Braulio vi sono però altre, più accreditate, ipotesi: sembra che esso derivi dagli antichi Umbri (da cui Umbrail), che prima dello stanziamento degli Etruschi estesero il loro dominio sino alla Pianura Padana ed alla catena alpina centrale.

Fin verso la fine del 1700 la via di comunicazione più breve per portarsi verso la Germania era costituita dalla storica “Via Maestra dell’Ombraglio” che da Bormio, attraverso Boscopiano, la Val forcola e l’attuale Passo di Santa Maria, raggiungeva la Val Monastero, alternativa più veloce, e da non farsi con mezzi ingombranti, alla “Via Imperiale d’Alemagna”, che percorreva invece la Val Mora. Questa “Via dell’Ombraglio” è citata in numerosi documenti che ricordano il passaggio, per essa, di merci, eserciti e personaggi celebri quando ancora non era praticato il sentiero per il valico dello Stelvio lungo la selvaggia valle del Braulio, a causa del pericolo di frane e valanghe. Questo difficile sentiero fu, nel secolo XVII, a più riprese percorso durante le guerre di Valtellina per il trasporto di armi e truppe da, e per, la Germania.

Con l’avvento del Regno Italico e con gli strettissimi rapporti di questo con la Baviera fu offerta (1812) ai Grigioni la Valle di Livigno in cambio della Val Muranza, per poter trasformare in rotabile la “Via Maestra dell’Ombraglio”. Gli Svizzeri non solo rifiutarono, ma praticamente bloccarono anche i traffici della mulattiera al Passo di Santa Maria. Bisognava affrontare e completare il difficile percorso della Val del Braulio. Nel 1820 venne dato l’incarico all’Ing. Carlo Donegani, che in soli cinque anni portò a termine quella che ancor oggi è considerata, più che una semplice strada, un’opera d’arte e di ardimento, fino al 1859 tenuta addirittura aperta anche d’inverno.

Ma la Val del Braulio è famosa non solo per queste vicende storiche legate al territorio. I suoi pascoli alpini sono ricchissimi delle più svariate varietà di fiori e profumatissime erbe, anche medicinali. Questi luoghi sono spesso citati dai manuali di botanica per le innumerevoli specie e per la sopravvivenza di piante rare, altrove quasi scomparse, che crescono su di un substrato roccioso molto eterogeneo e variante, con forme geologicamente eleganti, da chimicamente basico ad acido. Dalle erbe di questi pascoli e del Monte Braulio in particolare nacque nel 1875 un prodotto naturale che ha contribuito ad accrescere la fama della Valle del Braulio, e che da sempre è orgoglio dell’economia bormina: l’Amaro Braulio,

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Tratto dalla guida Rifugi alpini, bivacchi e itinerari scelti, © Alpinia Editrice, Bormio se vuoi acquistare la Guida clicca qui...

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