Fauna della Valtellina: l'ermellino

Non c'è da augurarsi di avere il "pallino" di fotografarlo perchè è una impresa senza fortuna; così è scritto a proposito dell'ermellino in un libro di fotografia naturalistica.

In effetti l'impresa risulta fattibile se si tengono in debito conto alcuni fattori determinanti: lo si deve cercare nelle pietraie al di sopra dei 2000 metri di altitudine, luoghi che più frequenta in quanto è lì che vive la sua preda più comune, l'arvicola delle nevi; e quando lo si è visto bisogna catturare la sua attenzione magari imitando il pigolio di un uccello. Acquistata la sua fiducia e simpatia si può fotografarlo e insieme assistere ai suoi spettacolosi "esercizi ginnici". Sulla neve le sue acrobazie sono ancora più funambolesche: descrive ampi cerchi

e giravolte, sollevando spruzzi, scompare sotto la coltre e ricompare parecchi metri più in là, si solleva sulle zampe posteriori mettendo quelle anteriori all'altezza del petto come fanno lo scoiattolo e la marmotta per controllare i dintorni e poi riparte; le poche volte che rimane per un attimo fermo se ne stà ingobbito come un atleta alla partenza dei cento metri, pronto per un bruciante scatto.

L'ermellino, come la pernice bianca e la lepre variabile, è soggetto a muta cromatica del mantello (fulvo in estate, è perfettamente bianco tranne l'apice caudale nero in inverno) originata dalle variazioni di luce e di campo elettromagnetico in relazione alla diversa durata del giorno. Poco prima della fine di ottobre è già completamente candido anche quando non c'è la minima traccia di neve e il sole splende ancora relativamente caldo.

Nella tarda primavera è soggetto alla muta inversa che è più lenta e gli conferisce un aspetto macchiato bianco-marrone alquanto buffo a vedersi.
Bormio
Diga di S. Giacomo
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