Fauna della Valtellina: il cervo

Il particolare che colpisce di più quando si vede per la prima volta un cervo è il suo incedere elegante ed armonioso sia che si muova appena appena, o trotti o sia lanciato in una corsa sfrenata. Tanta solennità è forse spiegata dall'enorme stupendo palco che sovrasta a mo' di corona il suo capo? Probabilmente si. Ma non è per vanità (virtù conosciuta solo dalla specie umana) bensì per la ragione che siffatta corona di corna ramificate, che può raggiungere ben 18 kg, necessita di un tale portamento per essere in perfetto equilibrio. La femmina infatti, priva delle corna, è molto meno "nobile" nelle sue movenze; scorgerla tuttavia in una radura, mentre accompagna amorevolmente il piccolo insegnandoli quali erbe deve mangiare, è uno spettacolo

veramente piacevole a vedersi e difficile da dimenticare. Non è facile però poter osservare questo animale, anche là dove è presente un discreto numero, data la sua prudenza del tutto eccezionale, coadiuvata da sensi molto sviluppati, che lo fa stare nella parte del bosco meno frequentata dall'uomo; quest'ultimo suo ormai ultimo nemico (dopo la scomparsa del lupo e della lince), la cui immagine resta stampigliata da sempre nella sua mente e tramandata per via cromosomica di generazione in generazione.

Non tutti infatti sono sensibili alla sua maestosità; ma lo sono più prosaicamente al gruzzolo che ricavano dalla vendita dei suoi 200 e più kg di carne e dal trofeo peraltro sempre pietoso a vedersi. All'epoca degli amori (settembre, metà ottobre) i due sessi, che hanno vissuto separati in piccoli branchi durante il resto dell'anno, si riuniscono e non è difficile scorgerli e udire i gridi d'amore rauchi e sonori dei maschi. Si hanno anche i combattimenti molto rituali e quindi incruenti in modo che il più forte abbia la possibilità di trasmettere ai discendenti tale caratteristica, che però oggi non serve contro l'unico nemico rimastogli che non mira a eliminare senz'altro l'animale più debole, anzi.

In inverno i cervi mal sopportano le grandi nevicate, per cui scendono a valle, laddove il luogo non sia troppo antropizzato, alla ricerca di cibo costituito da gemme, rametti ed anche corteccia di svariate piante. A marzo i maschi perdono le corna e si fanno ancora più cauti e sospettosi essendo privi di un'arma di difesa. Il palco ricrescerà pian piano, alimentato da una pelle ricca di vasi sanguigni fino a completarsi a luglio. Allora l'animale si ripulisce dell'ormai inutile e rinsecchito velluto con sfregamenti contro pianticelle che ne fanno le spese fino a seccare.

Le corna cadute, difficili da trovare per la somiglianza con i rami secchi delle conifere che ricoprono il terreno, vengono utilizzate da vari roditori sembra come riserva di sali. A maggio nascono i piccoli (uno per femmina in genere) con il manto chiazzato di macchie bianche.
Bormio
Diga di S. Giacomo
aaa
bormio